La risposta pare negativa
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.20933, depositata il 30.6.2022, accoglierà il ricorso di una contribuente, la quale nella qualità di erede dopo aver presentato un’istanza di collaborazione ai sensi della legge 168/2014 (voluntary disclosure) si era opposta al pagamento dell’imposta integrativa sulle successioni, eccependo l’intervenuta decadenza della pretesa, in quanto l’avviso era stato notificato nell’ottobre 2016, a fronte di un pagamento effettuato -come dedotto in ricorso, senza contestazioni sul punto, nel giugno 2013.
La contribuente erede sosteneva infatti che l’avviso di rettifica e liquidazione era da considerarsi fuori termine, osservando che la voluntary disclosure era diretta soltanto a regolarizzare la posizione reddituale e ciò doveva ritenersi cosa diversa dalla dichiarazione anche integrativa di successione e che pertanto non poteva concludersi che con la predetta istanza la contribuente stessa avesse manifestato alcuna volontà di voler corrispondere il tributo successorio integrativo per effetto del rientro dei capitali detenuti all’estero.
Di conseguenza, non potendosi equiparare la disclosure ad una dichiarazione di successione integrativa, l'ufficio avrebbe dovuto accertare e rettificare la dichiarazione entro il termine di tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione della successione o della dichiarazione sostitutiva o integrativa ovvero due anni dal pagamento dell'imposta principale come previsto dall'articolo 27 del D.lgs. 346/1990 (T.U. delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni).
La Corte di Cassazione quindi accoglierà il ricorso proposto dalla contribuente erede, precisando che l’istanza di regolarizzazione non può valere come dichiarazione di successione, poiché l’art. 28, comma 3, del D.lgs. 346/1990 richiede, a pena di nullità, che essa venga redatta su stampato fornito dall’ufficio.
Nel caso specifico, erano spirati i termini per richiedere il tributo successorio in quanto nell’avviso notificato alla ricorrente ed oggetto di impugnazione (per come trascritto, senza contestazioni sulla esattezza della trascrizione) si operava una rettifica della dichiarazione integrativa dell’ 11 aprile 2013, muovendo dal fatto storico della rivelazione di beni detenuti all’estero (quelli indicati nella voluntary disclosure) e contestando la “infedele dichiarazione di successione (in quanto priva di beni esteri)”… “senza aver presentato una dichiarazione di successione integrativa di quella incompleta”.
Pertanto, pur se in detto avviso l'amministrazione finanziaria invocava il comma secondo dell'art. 27 cit., la fattispecie in esso descritta corrispondeva a quella di cui al comma terzo della norma (rettifica dichiarazione infedele), notificato nell'ottobre 2016.
L'oggetto del contendere pertanto era l'avviso di rettifica e liquidazione della dichiarazione di successione integrativa presentata in data 11 aprile 2013 ed è con riferimento alla sua motivazione alla sua causa petendi che doveva valutarsi la tempestività e legittimità della azione accertativa. Inteso quale rettifica, ai sensi del comma 3 dell’art. 27 del T.U., della dichiarazione integrativa dell’aprile 2013, l’avviso è da ritenersi fuori termine perchè notificato nell'ottobre 2016, a fronte di un pagamento effettuato nel giugno 2013.
Avv. Francesco Frigieri