Novità sull'accettazione tacita dell’eredità per quale segnalo Ordinanza n.22839 della Corte di Cassazione, depositata il 14.8.24, la quale afferma che il chiamato all’eredità dopo aver presentato la dichiarazione di successione, rinunci all’eredità, fa venir meno con effetto retroattivo il pagamento dell’imposta ed il relativo avviso di accertamento non impugnato.
La Corte affermerà che il chiamato all'eredità, che abbia ad essa rinunciato, non risponde dei debiti del de cuius, in quanto la rinuncia ha effetto retroattivo ai sensi dell’art. 521 c.c., senza che, in ragione di ciò, assuma rilevanza l'omessa impugnazione dell'avviso di accertamento notificato al medesimo dopo l'apertura della successione, stante l'estraneità di detto chiamato alla responsabilità tributaria del de cuius, circostanza che è, di conseguenza, legittimato a far valere in sede di opposizione alla cartella di pagamento (Cass. Sez. 5, n. 13639/2018, Rv. 649084-01; Sez. 5, n. 24317 del 2020 negli stessi termini).
La circostanza che il contribuente si trovi nella qualità di chiamato impedisce all'avviso di liquidazione di assumere definitività ed efficacia preclusiva sul punto specifico della riferibilità soggettiva dei debiti tributari e, per ciò solo, della sua legittimazione passiva in veste di successore a titolo universale. Riferibilità soggettiva e legittimazione passiva che, appunto, possono discendere dall'acquisto della qualità di erede.
Sul punto è stato anche affermato che, in tema di imposta di successione, il chiamato all'eredità che, dopo aver presentato la denuncia di successione, ricevuto l'avviso di accertamento dell'imposta ometta di impugnarlo, determinandone la definitività, non è tenuto al pagamento dell'imposta ove successivamente rinunci all'eredità, in quanto l'efficacia retroattiva della rinuncia, legittimamente esercitata, determina il venir meno con effetto retroattivo anche del presupposto impositivo. (Cass., Sez. 5, n. 11832/2022, Rv. 664493-01).
La pronuncia da ultimo richiamata, uniformandosi all'indirizzo sopra ricordato ha, inoltre, chiarito che, secondo la corretta applicazione dell'art. 7 del D.Lgis n.346 del 1990, in tema di imposta di successione, il presupposto dell'imposizione tributaria va individuato nella chiamata all'eredità e non già nell'accettazione; tale individuazione resta, tuttavia, condizionata al fatto che il chiamato acquisti poi effettivamente la qualità di erede, per cui l'imposta va determinata considerando come eredi i chiamati che non provino di aver rinunciato all'eredità o di non avere titolo di erede legittimo o testamentario.
Il principio poggia, infatti sulla regola per cui, in tema di successioni mortis causa, ai fini dell'acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell'eredità che segue l'apertura della successione, essendo necessaria l'accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza." (Cass. Sez. 6 - 2, n. 5247/2018, Rv. 647986-01).
Da quanto sopra deriva la conferma che la presentazione della dichiarazione di successione è adempimento fiscale che non implica accettazione dell’eredità, come la mancata impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta, talchè la rinuncia all'eredità successiva ha efficacia retroattiva.
Avv. Francesco Frigieri